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Pasqua, perchè il Venerdì santo non si mangia carne, ma si può mangiare pesce?

È comune non mangiare carne il Venerdì Santo, ma qual è il motivo? E perché invece è possibile consumare il pesce?

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Con l’avvicinarsi della Pasqua 2024, si rinnova l’antica tradizione che vede i fedeli impegnati in periodi di astinenza e digiuno in preparazione alla festa più importante del cristianesimo (ma anche dell’ebraismo). Uno dei giorni più significativi in questo periodo è il Venerdì Santo (o Venerdì di Passione), il giorno della crocifissione di Gesù Cristo, durante il quale è consuetudine non consumare carne. Questo precetto, tuttavia, spesso lascia spazio al consumo di pesce. Ma perché questa distinzione tra carne e pesce proprio in questa giornata così solenne? Per comprenderne il significato, è necessario risalire alle radici della tradizione cristiana e ai simboli che essa porta con sé.

Quali sono i giorni di digiuno da osservare durante la Quaresima?

Oltre al Venerdì Santo, un altro momento di astinenza è il Mercoledì delle Ceneri, che segna l’inizio della Quaresima, un periodo di quaranta giorni di preparazione spirituale. Entrambi questi giorni rivestono un ruolo cruciale nel cammino di penitenza e riflessione dei fedeli, richiamando alla mente la sofferenza e il sacrificio di Cristo.

Ne consegue che, per estensione, il mercoledì e il venerdì di tutti i giorni di Quaresima non va consumata la carne. Ma qual è il motivo dietro la scelta del pesce come alternativa alla carne?

Perché il Venerdì Santo si può mangiare il pesce?

Fino all’inizio del XX secolo, la legge dell’astinenza dalle carni imponeva anche il divieto di consumare uova e latticini durante il periodo quaresimale. Tuttavia, nel corso del tempo, questa restrizione è stata modificata e oggi non vi è più l’obbligo di astenersi da tali alimenti. Invece, viene richiesta l’astinenza anche da cibi e bevande che, secondo un prudente giudizio, possono essere considerati troppo ricercati e costosi. Questo cambiamento ha permesso ai fedeli di adottare una maggiore flessibilità nella scelta dei loro pasti durante la Quaresima, mantenendo comunque il divieto riguardante le carni.

Un dato significativo che evidenzia il rispetto di questa pratica religiosa è il fatto che ben il 40% degli italiani osserva il dettame religioso durante i venerdì di Quaresima, preferendo piatti a base di pesce. Questo dimostra quanto sia radicata e rispettata la tradizione dell’astinenza dalle carni in questo periodo dell’anno, con il pesce che diventa l’alternativa prediletta per soddisfare le esigenze alimentari dei fedeli.

Secondo la tradizione cristiana, l’imposizione ai fedeli cattolici è quella di astenersi dalle carni di animali dal sangue caldo durante il Venerdì Santo, in onore al sacrificio di Gesù Cristo e al sangue da lui versato sulla croce. Questo gesto di rinuncia alla carne simboleggia la partecipazione al dolore di Cristo e il rinnovamento spirituale attraverso la rinuncia e la penitenza. In questo contesto, il pesce diventa un’alimentazione accettabile in quanto non rientra nella categoria delle carni di animali a sangue caldo, consentendo ai fedeli di rispettare il precetto religioso senza rinunciare completamente al nutrimento.

Inoltre, tradizionalmente, le carni erano viste come un alimento “ricco”, mentre il pesce era un alimento “povero”. Per questo motivo, astenersi dal consumo della carne per consumare del pesce era visto come un sacrificio. Oggi, invece, che il pesce è diventato un alimento ricercato e in certi casi anche molto costoso, non possiamo certo dire che consumarlo sia un atto di privazione così terribile.

Perché non si mangia carne al Venerdì Santo?

L’astinenza dalle carni, pratica antica che risale a tempi remoti, inizialmente coinvolgeva più giorni alla settimana ma successivamente si concentrò principalmente nel venerdì, scelto in considerazione del venerdì di Passione, il giorno della crocifissione di Gesù Cristo. Con la Riforma protestante, questa pratica divenne un segno distintivo tra cattolici e riformati, assumendo un significato particolarmente sentito dalla popolazione, in quanto simboleggiava l’appartenenza religiosa e il rispetto delle tradizioni.

Il Codice di diritto canonico del 1917 stabiliva l’obbligo dell’astinenza in tutti i venerdì dell’anno, fatta eccezione per le feste di precetto che cadevano di venerdì. In particolare, nei giorni del Mercoledì delle Ceneri e del Venerdì Santo, era richiesto sia il digiuno che l’astinenza; mentre per il Sabato Santo, queste pratiche erano solamente consigliate.

In pratica, sebbene ci sia ancora l’obbligo di astinenza in tutti i venerdì dell’anno, l’infrazione a questa regola durante la Quaresima viene considerata un peccato grave nella tradizione cattolica. Il motivo risiede nel fatto che l’astinenza sottolinea l’importanza attribuita alla Quaresima come periodo di penitenza e riflessione, durante il quale i fedeli sono chiamati a praticare la rinuncia e l’autocontrollo.

Secondo l’Antico Testamento, astenersi dalla carne rappresenta un modo simbolico per “rinunciare” a qualcosa che piace e soddisfa, dimostrando la capacità dell’uomo di dominare i propri istinti in nome della spiritualità. Questa rinuncia alla carne durante il Venerdì Santo si collega direttamente al sacrificio di Gesù Cristo sulla croce e alla sua sofferenza, invitando i credenti a unirsi spiritualmente a questo atto di sacrificio attraverso la rinuncia e la penitenza.

Il significato spirituale di digiuno e astinenza

L’astinenza, soprattutto quella dalla carne, ha radici profonde che risalgono all’Antico Testamento e persino al mondo pagano, sebbene abbia trovato un ampio sviluppo nel monachesimo cristiano sia d’Oriente che d’Occidente. In entrambe le tradizioni, una dieta rigorosa era considerata essenziale per combattere le tentazioni e la concupiscenza della carne, favorendo così l’ascesi e il dominio spirituale del corpo. Questo concetto di rinuncia e controllo dei desideri terreni attraverso la disciplina alimentare è stato una costante nella pratica religiosa di molte culture nel corso dei secoli.

È importante sottolineare che il digiuno congiunto all’astinenza, che consiste nel consumare un solo pasto al giorno evitando determinati cibi, è accompagnato dalla preghiera a Dio e dall’elemosina. Questo trio di pratiche penitenziali, già presente nell’Antico Testamento, contrassegna la pratica penitenziale della Chiesa e riflette il legame stretto tra la dimensione fisica, spirituale e sociale della penitenza. Il digiuno non è solo un’opportunità per la rinuncia materiale, ma è anche un mezzo per concentrarsi sulla preghiera e per coltivare una maggiore compassione verso gli altri attraverso l’elemosina, incarnando così gli insegnamenti di Gesù Cristo sulla carità e la solidarietà.

Possiamo quindi dire che l’astinenza e il digiuno durante la Quaresima e, in particolare, il Venerdì Santo, vanno oltre il semplice rispetto di una tradizione religiosa; rappresentano un impegno personale per la crescita spirituale e la rinnovazione interiore. Attraverso queste pratiche, i credenti sono chiamati a riflettere sul significato del sacrificio di Cristo, ad avvicinarsi a Dio attraverso la preghiera e ad estendere la propria compassione verso il prossimo attraverso l’atto dell’elemosina. In questo modo, l’osservanza dell’astinenza e del digiuno diventa un momento di rinnovamento spirituale e di approfondimento della propria fede.

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